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07/05/2007
Categoria: Pastorale Familiare
     
AL BIVIO MI SONO FERMATA - UN FULGIDO ESEMPIO DI GENITORI

 


Al bivio mi sono fermata
Non ho pronunciato subito il mio "si", come quella madre di 2000 anni fa.
Al bivio mi sono fermata.
Improvvisamente si era fatto tutto buio: le tenebre avvolgevano me, le due strade, i medici e i
sacerdoti dietro di me. Gli uni e gli altri avevo consultato, la Scienza e la Morale.
I primi mi spingevano sul sentiero del NO, perché non aveva senso sottoporsi ai rischi di una
gravidanza, di un terzo intervento cesareo per... una bimba destinata alla morte, un "feto
terminale", come lo chiamano loro. Gli altri mi spingevano sul sentiero del SI perché c'è scritto
"non uccidere ".
Per una credente, praticante, impegnata, come me, poteva anche bastare, ma il dolore, lo sconforto e la confusione mi erano penetrati dentro senza darmi tregua.
Al bivio mi sono fermata.
Entrambi mi sembravano due estremismi opposti. '
Nessuna di queste affermazioni passava pienamente attraverso la mia persona che è fatta di ragione,
di corpo e di cuore. Necessariamente ragione, corpo e anche cuore, altrimenti ora non sarei qui a
scrivere.
Prima di tutto la ragione.
In questi ultimi anni stava quasi diventando per me un secondo "credo", forse per deformazione
professionale (sono una matematica, infatti), o forse perché la ragione finora non mi aveva mai
tradita. Ma ora mi faceva tanto soffrire.
Apparteneva alla sfera della ragione ciò che sostenevano i medici, anche se davanti a quei
monitors e a quei dinieghi col capo, una parte di me ribadiva con veemenza: " Per voi è solo un
feto terminale, perché così è scritto sui vostri manuali, ma per me è un figlio!".
Sono stata gentilmente invitata a ripensarci e ... in caso contrario ...a cambiare aria, ovvero
struttura, dal primo, dal secondo, dal terzo e dal quarto ginecologo.
Ho avuto tanta paura di quel buio.
La ragione votava per il NO.
Al bivio mi sono fermata. ,
E poi c'era il corpo.
E' vero.
Sono una mamma di due magnifici figlioli: una bambina di circa nove anni e un bambino di circa
sei.
Ma sono ancora una donna. E anche una donna di questi tempi ovvero attenta al proprio corpo:
dieta, palestra, tintarella, moda.
La strada del SI non considerava proprio il mio corpo che si sarebbe trasformato, forse deformato,
sicuramente lacerato per .. .niente... in fondo, sostenevano loro.
Non si può chiamare niente un cuore che vedo e sento battere.
Tuttavia anche il mio corpo votava per il NO.
Al bivio mi sono ancora fermata.
E infine c'era il cuore.
Quel cuore di madre che piangeva muto e sanguinava e soprattutto che ...amava questa figlia
esattamente come amava gli altri due, forse un po' di più, perché più debole. Perché non ascoltarlo?
Perché ignorarlo o vergognarsi di esso? Se fosse successo qualcosa di grave ad un mio figlio a due
anni l'avrei forse soppresso? Non avrei fatto di tutto per stargli accanto?
Ma il risultato era chiaro: 2 a 1.
Al bivio stavo per muovermi... Non lo avrebbe saputo nessuno e i medici sarebbero stati
nuovamente gentili.

Però la partita non era ancora finita.
Lì su quel lettino di ospedale, dopo l'ennesima diagnosi infausta, in quelle tenebre, come per
incanto, accanto ai medici è comparsa un'infermiera.
Era tutta vestita di bianco e per questo sembrava luminosa. Mi ha toccato il braccio per farmi
comprendere in silenzio che avevo diritto di dar sfogo al mio dolore, comunque, qualsiasi strada
avessi intrapreso.
Questa è psicologia!
Perché solo allora mi sono accorta che, nonostante la mia incredulità e l'indurimento dei lineamenti
del mio volto, le lacrime scorrevano da sole.
E mi hanno fatto tanto bene.
Erano le stesse lacrime che rigavano il volto di mio marito e che non gli avevo visto mai.
In quel momento ho preso coscienza della mia esistenza e di quella del mio compagno di vita,
esistenze fino a quel momento quasi anestetizzate dall'incubo.
In questa presa di coscienza, che evidentemente non è automatica, è arrivato il senso della
responsabilità: troppo grande la scelta da farsi.
"Perché?" "Perché proprio a me?" "Perché proprio a noi?"
Finalmente sono riuscita a dirlo!
E' sempre questa la domanda che attanaglia l'essere umano, da sempre.
Racchiuso tutto in una logica più o meno imperscrutabile, limitata, in divenire, emerge sempre
l'imperituro PERCHE'.
Per una matematica poi, è il pane quotidiano.
Ma tutti, sin da piccoli, abbiamo sperimentato che ad alcuni "'perché" non c'è risposta: la vita sarà
sempre un mistero.
Assorta in questi pensieri, l'infermiera vestita di bianco, che sembrava seguire il filo dei miei
pensieri, mi ha sussurrato dolcemente "..allora lascia fare a Dio".
Ho avuto un tremito, anzi uno scossone.
Quest' ultima parola è risuonata nelle mie orecchie come un frastuono di lame taglienti ed ha abbagliato le mie pupille.
Poi l'infermiera è scomparsa e non l'ho più rivista.
E' tornato il buio.
Al bivio mi sono nuovamente fermata.

Già Dio.
Era entrato sin da piccola a far parte della mia vita e, quando volevo metterlo a tacere, riusciva sempre a trovare la maniera per farsi sentire .
Come in questo momento.
Ma chi è questo Dio che vede morire un neonato e non interviene?
Dove è questo Dio che ode le urla strazianti di una madre e si tappa le orecchie?
Perché questo Dio, che chiamiamo padre, non allevia il dolore sordo di un altro padre?
Non sarà mica questo Dio, come sostiene una certa filosofia e psicoanalisi, una invenzione dell'uomo per giustificare i propri limiti?
Può essere....
Ma io credo in Lui.
E Lo sento.
Anche in questo momento, benché non scorga le sue orme vicino alle mie.
Ma qualcuno ha scritto che questi sono i momenti in cui Lui ci porta in braccio.
Per questo vorrei riempirlo di pugni e di calci come fa un bimbo quando le cose non vanno per il verso a lui gradito.
Non sono mai stata così ingenua da pensare Dio si svegli al mattino e si diverta a mandare le sofferenze agli uomini: altrimenti non sarebbe Dio ma uno di noi.


Non sono mai stata così sprovveduta da ritenere che Dio, il trascendente, si potesse dimostrare come un teorema di Matematica: se così fosse sarebbe immanente e non trascendente, ovvero non sarebbe più Dio.
E allora come entra Dio in questa dolorosa storia?
Mettendomi al fianco un compagno di vita che pur nel dolore sa "vivere" la Sua volontà e non semplicemente "fare" la Sua volontà nel senso di "subirla".
Mio marito mi ha detto infatti: "Dio su ciascuno di noi ha un Progetto di Vita che può essere di nove mesi e novanta anni oppure nove mesi e novanta minuti. Che diritto abbiamo noi di interrompere tale progetto? E poi che differenza c'è fra novanta anni o novanta minuti di fronte all'eternità?"
Condividevo il suo discorso, ma in quel momento suscitava in me offesa, fastidio. Sembrava che anch'esso by -passasse la mia persona e subito ho reagito: "Parli così perché la prova non passa attraverso la tua persona, il tuo corpo: e se dovesse succedermi qualcosa? Non pensi ai bambini? Non ci tieni a me?"
Ha ribadito con voce tremula: "Vorresti dire che se ti consigliassi l'aborto, terrei di più a te? Se noi siamo sempre stati convinti che non è questa che viviamo oggi la vera vita, bensì è un'altra la vera vita, ben più importante, allora è a quell'altra tua vita che ci tengo! E anche alla mia. In altri termini, amo il tuo corpo, ma di più amo la tua anima."
Era la più bella dichiarazione di amore che mi avesse mai fatto in 17 anni!

L'anima.
Un'altra parola magica che non pronunciavo da tanto tempo. Non capita più nei discorsi perché non va più di moda, purtroppo.
L'ATMAN, come dicono in Oriente: la parte più indistruttibile di sé.
Ed esiste. Altrimenti non sentirei ancora viva mia madre scomparsa sette anni fa.
Ma quando comincia l’esistenza di questa anima?

Alla maggiore età? Sicuramente anche un bimbo la possiede e non in misura minore di un adulto. Appena fuori del grembo materno? Certamente!
E un attimo prima? Pure!
un attimo prima ancora? Anche!
E così via a ritroso ...insomma sin dal suo concepimento e non dipende dalla forma delle cellule embrionali perché l'anima non è un ente biologico.
E se non siamo fatti solo di biologia, cioè di cellule, tessuti, organi, apparati, sistemi, ma c'è dell'altro e, anzi, è proprio questa la peculiarità che caratterizza un essere umano, come posso solo pensare di interrompere la sua esistenza?
Al bivio mi ero fermata ma insieme io e mio marito siamo ripartiti senza pensarci più.

Non era affatto facile la strada del SI.
In questa strada ho ripensato a tante mamme che avevo visto imboccare l'altra strada. Ho pregato per me e per loro e soprattutto... le ho amate.
Perché ognuno ha una storia personale diversa: un compagno d'avventura diverso, un medico diverso, un'infermiera diversa, un cammino interiore diverso.
Ma mio marito ha subito capito che al di là di tutto non potevamo chiuderci in noi stessi, bensì dovevamo aprirci alle persone giuste.
Non alle vecchie conoscenze, affinché non rischiassero di pensare il male per nostra figlia, ma solo ad alcuni moralisti e amici doc, non scontati, e soprattutto ad alcune famiglie sparse per tutta l'Italia che aveva vissuto un'esperienza sovrapponibile alla nostra.
Esiste infatti da circa tre anni in Italia un'associazione di famiglie (la Quercia Millenaria) che hanno accompagnato i loro bimbi nella loro effimera Vita e li hanno amati... sino alla Fine.
Questa associazione fatta di uomini veri e non solo di ideali ci ha aiutato tantissimo sostenendoci quasi quotidianamente con telefonate, sms, e-mail, inviti a casa loro che arrivavano tempestivamente prima che lo spirito cominciasse a dare segni di cedimento.
Sostenendoci quasi quotidianamente con telefonate, sms, e.mail, inviti a casa loro che arrivavano tempestivamente prima che lo spirito cominciasse a dare segni di cedimento.

Alla maggiore età? Sicuramente anche un bimbo la possiede e non in misura minore di un adulto. Appena fuori del grembo materno? Certamente!
E un attimo prima? Pure!
E un attimo prima ancora? Anche!
E così via a ritroso ... insomma sin dal suo concepimento e non dipende dalla forma delle cellule embrionali perché l'anima non è un ente biologico.
E se non siamo fatti solo di biologia, cioè di cellule, tessuti, organi, apparati, sistemi, ma c'è dell'altro e, anzi, è proprio questa la peculiarità che caratterizza un essere umano, come posso solo pensare di interrompere la sua esistenza?
Al bivio mi ero fermata ma insieme io e mio marito siamo ripartiti senza pensarci più.

Non era affatto facile la strada del SI.
In questa strada ho ripensato a tante mamme che avevo visto imboccare l'altra strada. Ho pregato per me e per loro e soprattutto... le ho amate.
Perché ognuno ha una storia personale diversa: un compagno d'avventura diverso, un medico diverso, un'infermiera diversa, un cammino interiore diverso.
Ma mio marito ha subito capito che al di là di tutto non potevamo chiuderci in noi stessi, bensì dovevamo aprirci alle persone giuste.
Non alle vecchie conoscenze, affinché non rischiassero di pensare il male per nostra figlia, ma solo ad alcuni moralisti e amici doc, non scontati, e soprattutto ad alcune famiglie sparse per tutta l'Italia che aveva vissuto un'esperienza sovrapponibile alla nostra.
Esiste infatti da circa tre anni in Italia un'associazione di famiglie (la Quercia Millenaria) che hanno accompagnato i loro bimbi nella loro effimera Vita e li hanno amati... sino alla Fine. Questa associazione fatta di uomini veri e non solo di ideali ci ha aiutato tantissimo sostenendoci quasi quotidianamente con telefonate, sms, e-mail, inviti a casa loro che arrivavano tempestivamente prima che lo spirito cominciasse a dare segni di cedimento.

Spiavo il loro stile di vita, bevevo al calice della loro forza interiore, mi lavavo alla fonte della loro serenità.
Ma chi era questa fonte?
Un uomo come noi, rispondevano, che 2000 anni or sono, agli occhi dei suoi contemporanei è sembrato un perdente, ma che dopo 2000 anni fa ancora parlare di sé e che per questo un perdente non è: Gesù.

Grazie a loro abbiamo ritrovato la forza di sorridere e addirittura di ridere ma soprattutto ho trovato la forza di superare la prova che mi spaventava più di tutte: rivelare ai miei bambini che la loro sorellina ora nel pancione di mamma stava bene, tuttavia aveva contratto una malattia che dopo la nascita probabilmente l'avrebbe portata in cielo.
E loro, con la saggezza tipica dei bambini, hanno trovato il modo per essere comunque felici: il minore ha intensificato i bacetti sul pancione e la maggiore ha esordito dicendo: "Mamma ma come fai ad esser triste? Possibile che non capisci quanto siamo fortunati? La nostra famiglia avrà un angelo in cielo mentre le altre famiglie no! E poi in cielo perle coccole provvederà nonna Maria!" (mia madre).
Mi sono commossa: la bambina aveva toccato la verità: noi adulti abbiamo studiato troppo e l'abbiamo persa. Allora mi è tornato in mente un Salmo: "Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza o Signore, nostro Dio'' (salmo 8, v 3).

Ancora Dio.
Quello stesso Dio che in questa storia volevo sopprimere.
Quello stesso Dio che conosce la vita della mia bambina da sempre.
Quello stesso Dio che io e mio marito avevamo inserito fra noi due il giorno del matrimonio e che da quel giorno ci vedeva impegnati quali animatori di un gruppo di giovani coppie.



Quello stesso Dio di cui quotidianamente parlavo ai miei figli come unico faro nel navigare della loro vita.
Quello stesso Dio che aveva scritto non uccidere e senza eccezione alcuna. Quello stesso Dio che era la fonte del sorriso di quelle famiglie.
Quello stesso Dio di cui ci parlava il prof. Noia ginecologo del policlinico "Gemelli" di Roma, l'unico che sosteneva, addirittura ammirava il nostro amore per questa figlia diversa.
L'unico che amava il frutto dell'amore mio e di mio marito e lo vedeva come un dono, anche se la confezione regalo era venuta male.
Addirittura ci offriva visita, vitto e alloggio gratis e ci abbracciava. Lui, un professore del Gemelli, a noi che non stavamo facendo niente di più che...essere genitori.
L'unico che in quel monitor dell'ecografo non si soffermava solo su ciò che la nostra bimba non ha, ma soprattutto su quello che la nostra bimba che ha, in primis la VITA.
Una vita scevra da pregiudizi, da secolarizzazioni, da mode, da omologazioni, una vita pulita, candida.
Candida sarà il suo nome, anzi no, Candida è il suo nome.

In questa storia Dio non potevo più ignorarlo, anzi, attraverso questa storia si era fatto sentire in carne e ossa attraverso la carne e le ossa della mia Candida che nei momenti più bui si faceva sentire.
Come in quel sabato sera quando, sola, davanti al mare della mia città, tentavo di scrutare la linea dell'orizzonte.
Tentativo vano: essa era inghiottita dalle tenebre della notte e confondeva due realtà così fisicamente diverse: il cielo e il mare.
E io lì a cercare Dio e a chiedergli esattamente come faceva suo figlio:
" Cosa vuoi da me? Perché mi hai abbandonato? Se puoi allontana da me questo calice ma,...dove sei?"
In quel buio, in quel silenzio rotto solo dal fragore del mare, Lui sembrava non esserci. Poi mi ha risposto: la piccola Candida mi ha mollato un energico calcetto. E io non mi sono mai sentita così sciocca.
Allora le mie lacrime di disperazione si sono tramutate in gioia.
"Hai mutato il mio lamento in danza" (Salmo 29,12).
Non ho pianto più.
Ho portato il mio pancione con orgoglio per la strada, fra la gente, in mezzo alla natura.
Ad ogni passo imparo da lei qualcosa di nuovo perché il mondo si è trasformato, e il mio cuore, ammaliato.
Al mattino le faccio provare il sorgere del sole ad Est e il pomeriggio tramontare oltre il mare ad Ovest. Di notte le faccio ammirare le stelle e la falce della luna galleggiare nell'immenso cielo. E poi alberi, foglie, insetti, uccelli, animali, nuvole, arcobaleni, orizzonti. Tutto era sempre esistito nei suoi mille aspetti, ma io non vi avevo mai partecipato. Tutto ciò era stato per me un velo effimero davanti ai miei occhi, destinato ad essere subitamente dissolto dalla fretta, oltrepassato dal pensiero.
Ma, ora, il mio occhio libero cerca la realtà per rivelarla il più possibile a lei, a Candida. Così il mondo sembra più bello, senza spirito di indagine, ma semplice. Brevi sembrano i giorni e le notti per mostrarle e dirle tutto ciò che vorrei.

Col suo nome e grazie a quella associazione abbiamo dato, in alcune occasioni, fuori della nostra città, per il momento, la nostra testimonianza di SI ALLA VITA e Candida ha provato già i suoi primi applausi, ha già fatto commuovere.
Sono orgogliosa di essere sua madre e questa storia di dolore, può sembrare strano, si sta quasi tramutando in una storia di gioia.
Sì, perché Candida adesso mi dà una strana gioia, unitamente alla gioia propria della maternità, a quei piccoli segreti, a quei discorsi telepatici, a quelle comunicazioni non verbali.


E' questo tutto quello che può fare una madre per una figlia e una figlia per una madre. Non mi sento una eroina, né una perfetta cristiana, ma semplicemente ...una madre.

Quasi improvvisamente mi è venuta in mente un'altra madre.
Era una donna semplice, giovane, con le sue paure, i suoi sogni, come tante donne, vissuta 2000 anni fa, quando sicuramente il pregiudizio pullulava nell'aria che respirava. Allora non c'era l'ecografo e non si facevano visite, ma il suo ginecologo, un certo prof. Gabriele Arcangelo, le aveva annunciato che aspettava un bambino diverso dagli altri, destinato ben presto alla morte. Quanto presto non ha importanza perché il tempo (come ha detto mio marito e anche Einstein, per vie diverse) è un concetto relativo.
Al bivio Lei ha pronunciato subito il suo "SI".
Questa Madre ha incarnato oltre che tutte le madri del mondo, in particolare due tipologie di madri cosiddette "a rischio ": la ragazza madre e la madre di un figlio "terminale ".
Anche lei sarebbe sopravvissuta a suo figlio, provando il più grande dei dolori esistenti su questa terra.
E tutti gli "Stabat" musicati sinora, sono solo un tentativo, seppur lodevole, di esprimere tale dolore. Non ci avrei mai creduto, anche perché non c'è mai tempo, presi come siamo dal lavoro, famiglia, hobby, palestra, vetrine, ecc.., eppure dalla preghiera quotidiana, dalla recita del Rosario, insomma da quella donna, proprio da quella Madre ora traggo la forza , perché so che Lei mi capisce più di tutti perché ha provato.
Per questo non mi sento una eroina, né una perfetta cristiana, ma semplicemente ...una madre.

Una madre, un genitore è colui che serve, che non dice mai "quante ne ho fatte per te e poi... colui che sa dare senza aspettarsi nulla in cambio, nemmeno un grazie, nemmeno ...la sua presenza. Non mi sento una eroina, né una perfetta cristiana, ma semplicemente ...una madre.



Così d'altronde era stata mia madre con me, soprattutto nei suoi ultimi giorni di vita, che coincidevano con le varie prove di un concorso che aspettavo da 10 anni e che non ci sarebbe stato più. Dal suo letto mi disse: "Se mi vuoi veramente bene, non preoccuparti per me e lasciami: va' per la tua strada. Io ti sarò vicina". Così feci: erano le sue ultime ore di vita. Il suo amore e il suo esempio mi hanno formata: è questo ciò che spero per i miei figli.
E' questa la preghiera che chiedo: se dovesse verificarsi ciò che i medici prevedono per la mia Candida, vorrei riuscire a trovare la forza, il coraggio e l'amore per dirle "Se mi vuoi veramente bene, non preoccuparti per me e lasciami: va' per la tua strada. Poi stammi vicina". Da madre di mia figlia, divenire figlia di mia figlia.
Non mi sento una eroina, né una perfetta cristiana, ma semplicemente ...una madre.


Una madre in attesa
















     
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