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20/06/2007 |
Categoria:
Pastorale Familiare
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Un articolo di Piero Saffiro: Tutti parlano di famiglia; ognuno a modo suo
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Tutti parlano di famiglia Ognuno a modo suo Di Piero Saffiro
Qualche giorno fa mi è capitato di sentire l'intervista televisiva fatta ad una famosa ex campionessa di sci che parlava della nascita del suo ultimo figlio. Ne parlava con amore e tenerezza. Ad un tratto l'intervistatrice fa riferimento al papà dei bambini, famoso rampollo di una famiglia di noti imprenditori che troviamo spesso sulla strada, nei negozi e nelle autostrade, chiedendo: non avete ancora deciso di sposarvi? La risposta è stata all'incirca questa: io sono cristiana e ci tengo, ma insieme non sentiamo la necessità del matrimonio. Va tutto bene così. Sul momento ho pensato che una tale scelta se la possono permettere le persone che hanno, entrambe, alle spalle, una sicurezza socio-economica e un'autonomia finanziaria e gestionale tali da non temere per sé e per i propri figli. Mi è venuta in mente la figlia giovane di un conoscente, morto suicida per i debiti e gli usurai, con la madre che, precipitata dalla situazione agiata precedente alla crisi che ha portato il marito alla morte, dopo aver svenduto casa, ha lasciato i figli ormai maggiorenni ed è andata a lavorare come governante di una famiglia che in continuazione gira il mondo. La figlia è andata a convivere con un giovane di belle speranze e poche rispettose concretezze che, dopo qualche tempo, prima di avere figli per questo ringraziamo il Signore! - cambiò gusti e volle iniziare un nuovo rapporto, mettendola fuori casa. Un abbandono senza alcuna tutela. Al riguardo dico che qualche forma di tutela dovrebbe essere pensata come obbligo in ogni caso di convivenza. Per abitare un alloggio si firma l'impegno con un contratto di affitto, per una relazione tra persone, comunque impegnante e impegnativa, si consente l'usa e getta. Parallelamente bisognerebbe ricominciare a diffondere cultura, formando le persone sulla conoscenza della storia della famiglia, delle leggi umane, delle esperienze religiose, della cultura sociale. Siamo passati dal periodo in cui era reato penale convivere, o anche solo dormire insieme in una camera d'albergo, al fatto che ogni forma di convivenza e di rapporto è legalmente consentito. Il tutto è successo in un periodo di tempo più breve di quello che separa il mio matrimonio da quello dei nostri figli. Storicamente parlando, un baleno, un lampo. Quella famiglia che siamo stati abituati a considerare normale, possibilmente con dei figli, è quasi vilipesa, comunque tende a scomparire formata da nuove tipologie: monoparentali, singie (come si ama dire oggi) con o senza figli, anziani soli, persone dello stesso sesso, e chissà cosa altro. Al riguardo si sente parlare di rinnovamento, di evoluzione sociale, comunque di libertà, quella propria. Ma che origini ha la famiglia nella vita sociale? Una forma di organizzazione familiare è stata presente in tutte le culture dell'uomo sulla terra, e la famiglia nasce certamente molto prima dell'era cristiana. È già ben presente nella antichità classica. Non è una istituzione cristiana, ma è solo stata presa a prestito per innalzarla a realtà di riferimento e di crescita umana. La sua forma attualmente conosciuta si struttura intorno al 1550, in conseguenza di interventi di disciplinamento: un uomo e una donna che assumono precise responsabilità reciproche e nei confronti sia dei figli che dei familiari ascendenti e discendenti, consanguinei o affini acquisiti. Con questo disciplinamento sociale compare la forma di pubblicità della scelta sugli appositi documenti/registri e il controllo da parte di strutture riconosciute: la parrocchia o la comunità. Prima solo i ricchi e i potenti riuscivano a garantirsi il rispetto della promessa tramite i notai dell'epoca o con il supporto della famiglia di stato nobiliare. Da quel momento la Chiesa ha fatto molto per garantire parità nella tutela dei diritti anche da parte dei più deboli, come sempre sono state le donne, i figli minori, i poveri. In tal modo ha sempre operato per costituire e rafforzare l'istituzione familiare, al fine prevalente di allevare ed educare i figli. Nella prima metà del secolo scorso, le donne e gli uomini hanno vista raggiunta la parità, per cui si ritenne superata la struttura patriarcale della famiglia con l'acquisizione di pari diritti e di pari responsabilità tra i due coniugi. In tale modo prende corpo una realtà sempre meno istituzionale della famiglia, evidenziando una maggiore qualità della sfera affettiva ed emotiva. Ecco che si realizza la proposta cristiana di famiglia, dove l'amore tra gli sposi diviene simbolo e metafora dell'amore fra Dio e la sua Chiesa. Una famiglia che realizza sempre più il modello di unione soli¬daristica e ricca di amore scambievole, nella fusione dei due mondi dei coniugi in una unica realtà. Quando sembra si sia raggiunta la stabilità, sul finire del 900 inizia un processo inverso di decomposizione del concetto di famiglia, così come si è arrivati a concepire la relazione tra uomo e donna, a favore di una libertà individuale "assoluta". Rimane teoricamente chiaro ed accertato che solo la famiglia può garantire ai figli una solida educazione, una trasmissione degli affetti e che ogni realtà frantumata che non rispecchi il modello di famiglia socialmente e cristianamente affinato non porta felicità, consente instabilità di rapporti, diffonde insicurezza e alimenta la depressione. Il matrimonio comunque non è più quel bene invalicabile offerto in dono agli uomini e riconosciuto anche dalla Costituzione degli Stati. II cristianesimo cessa di essere ossigeno e vita per una società che ritiene tutto solvibile, quindi acquistabile al supermarket, insieme ai broccoletti. Si inizia a dimenticare il passato che ha costruito la qualità della nostra civiltà. Una laicità presuntuosa e rela¬tivista per comodo, mentre i credenti non hanno a cuore l'impegno a diffondere la fraternità sociale, l'unità spirituale, la qualità santa del vivere e del costruire il mondo.
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