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17/10/2007 |
Categoria:
Notizie
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LA CORTE DI CASSAZIONE SI SOSTITUISCE AL LEGISLATORE???
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la giovane Eluana prima dell'incidente (fonte Zadig.it)
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Mons. Giuseppe Betori
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La Corte di Cassazione ha disposto che venga celebrato un nuovo processo per decidere se Eluana Englaro, la ragazza che dal '92 è alimentata da un sondino gastrico, dovrà ancora essere sottoposta ai trattamenti sanitari oppure no. La decisione è stata pubblicata ieri 16.10.2007,
Si legge nella decisione, “escluso che l'idratazione e l'alimentazione artificiali con sondino nasogastrico costituiscano, in sé, oggettivamente una forma di accanimento terapeutico, pur essendo indubbiamente un trattamento sanitario”… “il giudice, su istanza del tutore, può autorizzarne l'interruzione soltanto in presenza di due circostanze concorrenti, dovendo altrimenti prevalere il diritto alla vita": cioè, che "la condizione di stato vegetativo del paziente sia apprezzata clinicamente come irreversibile, senza alcuna sia pur minima possibilità, secondo standard scientifici internazionalmente riconosciuti, di recupero della coscienza e delle capacità di percezione"; e che "sia univocamente accertato, sulla base di elementi tratti dal vissuto del paziente, dalla sua personalità e dai convincimenti etici, religiosi, culturali e filosofici che ne orientavano i comportamenti e le decisioni, che questi, se cosciente, non avrebbe prestato il suo consenso alla continuazione del trattamento". Il sondino che alimenta un paziente che versa in uno stato vegetativo assolutamente irreversibile (secondo standard scientifici internazionalmente riconosciuti) può essere staccato, quindi, su richiesta del tutore, se il giudice accerta che il malato “non avrebbe voluto un trattamento sanitario di questo tipo, avendo presenti i suoi convincimenti etici e religiosi prima di incorrere nella situazione di malattia.”
La prima sezione civile della Corte di Cassazione, con la indicata sentenza nr.21748 depositata ieri 16.10.2007, ha accolto il ricorso del padre e tutore di Eluana, rinviando il caso nuovamente alla Corte d'Appello di Milano affinché lo riesamini sulla base degli indicati principi. Ora i giudici dell’appello dovranno cioè valutare se effettivamente ricorrono le due condizioni, fissate dalla Corte Suprema, per interrompere il trattamento sanitario, ossia: se lo stato vegetativo sia irreversibile e se, secondo le indagini da fare in famiglia e fra gli amici, la volontà della giovane Eluana, prima dell'incidente, fosse già chiara nel senso di non volere in alcun modo un trattamento sanitario a così lungo termine.
In fine dei conti, una volta fatte queste verifiche, sarà la Corte d'appello di Milano a decidere, quindi, se Eluana potrà continuare a vivere oppure no. Però la Corte ha precisato che non è accanimento terapeutico il sondino nasogastrico che alimenta Eluana Englaro.
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Fatta questa premessa viene logico chiedersi se il Giudice si sia sostituito ancora una volta al legislatore, atteso che in Italia non vi è alcuna norma che regola questa situazione e che se il bene supremo è la vita, non si vede cos’altro debba valutare il Giudice se non la sua garanzia a qualunque livello. Si sa che nessuno può sapere cosa succeda nella mente, nel cuore e nell’anima di coloro che vivano aiutati da strumenti che la scienza medica (come grazia di Dio anche questa posta nelle mani dell’uomo) è riuscita a porre in essere per conservare una vita umana. E se così è nessuno può sostituirsi alle decisioni di Colui che solo dona la vita, neppure il diretto interessato. La Cassazione non poteva in alcun modo consentire il sondaggio sulla volontà pregressa del malato: ciò significa consentire che da ora in poi ciascuno potrà fare ciò che volgarmente viene chiamato testamento biologico, fin qui ancora non consentito o previsto dalla legislazione italiana. In una parola è la Corte che oggi ha sancito come principio solo interpretativo, non si sa bene di cosa, la indiretta possibilità dell’eutanasia.
Ma il Segretario della CEI, Mons. Giuseppe Betori ha immediatamente commentato : “La difesa della vita è un diritto” “Noi vescovi ribadiamo la difesa della vita fino alla sua naturale conclusione e il riconoscimento dell’idratazione indotta come diritto della persona alla vita e non come accanimento terapeutico”. “Non vorrei entrare nel caso specifico - ha spiegato ancora - ma noi vescovi ribadiamo la difesa della vita sempre”. Anche nei confronti di chi la vita vorrebbe togliersela! E noi sentiamo di dover aderire ai principi della Chiesa, Madre e Maestra.
R.P.
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