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27/01/2008
Categoria: Notizie
     
Una “Lettera agli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione” dal Cardinale Tettamanzi - Arcivescovo di Milano

 


 


 


Alcuni hanno vissuto direttamente un’esperienza di chiusura da parte della comunità ecclesiale, di giudizio o condanna, che ha suscitato ulteriore sofferenza.
Il Card. Tettamanzi dimostra invece che ci si possa mettere in ascolto di tali sofferenze:
«La Chiesa non vi guarda come estranei che hanno mancato a un patto, ma si sente partecipe delle domande che vi toccano intimamente. … Immagino che prima di questa decisione abbiate sperimentato giorni di fatica a vivere insieme, nervosismi, impazienze e insofferenza, sfiducia reciproca, a volte mancanza di trasparenza, senso di tradimento, delusione per una persona che si è rivelata diversa da come la si era conosciuta all’inizio. Queste esperienze, quotidiane e ripetute, finiscono con il rendere la casa non più luogo di affetti e gioia, ma una pesante gabbia che sembra togliere la pace del cuore».
«La Chiesa – continua il presule - sa che in certi casi non solo è lecito, ma addirittura inevitabile prendere la decisione di una separazione: per difendere la dignità delle persone, evitare traumi più profondi, custodire la grandezza del matrimonio, che non può trasformarsi in un’insostenibile trafila di reciproche asprezze».
Ciò non significa sollecitare scelte affrettate, ma: «Non è detto che tutto sia perduto, ci sono forse ancora energie per comprendere che cosa è accaduto nella propria vita di coppia e di famiglia; forse si può ancora scegliere di cercare un aiuto competente per avviare una nuova fase di vita insieme; o forse c’è solo spazio per riconoscere onestamente delle responsabilità che hanno compromesso quel patto di amore e di dedizione stipulato col matrimonio. … Vediamo attorno a noi esempi eroici e ammirevoli di genitori che, rimasti soli, fanno crescere ed educano i propri figli con amore, saggezza, premura e dedizione. Danno un grande esempio».
«Voglio raccomandare a tutti i genitori separati di non rendere la vita dei loro figli più difficile, privandoli della presenza e della giusta stima dell’altro genitore. I figli hanno bisogno, anche seguendo le recenti garanzie legislative, sia del papà sia della mamma e non di inutili ripicche, gelosie o durezze».
“La Chiesa ha scomunicato i divorziati! La Chiesa mette alla porta gli sposi che sono separati!”. Non è così, non deve esserlo, dice il Card. Tettamanzi. Egli spiega i motivi, che nascono dall’insegnamento di Gesù, «dell’impossibilità di accedere alla comunione eucaristica per gli sposi che vivono stabilmente un secondo legame sponsale», ma ciò non significa un giudizio «sul valore affettivo e sulla qualità della relazione che unisce i divorziati risposati. Il fatto che spesso queste relazioni siano vissute con senso di responsabilità e con amore nella coppia e verso i figli è una realtà che non sfugge alla Chiesa e ai suoi pastori».
«È comunque errato ritenere che la norma regolante l’accesso alla comunione eucaristica significhi che i coniugi divorziati risposati siano esclusi da una vita di fede e di carità vissute all’interno della comunità ecclesiale. … La vita cristiana ha il suo vertice nella partecipazione piena all’Eucaristia, ma non è riducibile soltanto al vertice. La ricchezza della vita della comunità ecclesiale resta a disposizione e alla portata anche di chi non può accostarsi alla santa comunione».
«Vi chiedo di partecipare con fede alla Messa, anche se non potete accostarvi alla comunione. Anche a voi è rivolta la chiamata alla novità di vita che ci è donata nello Spirito. Anche a vostra disposizione sono i molti mezzi della Grazia di Dio. Anche da voi la Chiesa attende una presenza attiva e una disponibilità a servire quanti hanno bisogno del vostro aiuto. E penso anzitutto al grande compito educativo che come genitori molti di voi sono chiamati a svolgere e alla cura di relazioni positive da realizzare con le famiglie di origine. Penso poi alla testimonianza semplice, se pur sofferta, di una vita cristiana fedele alla preghiera e alla carità. E ancora penso anche a come voi stessi, a partire dalla vostra esperienza, potrete essere di aiuto ad altri che attraversano situazioni simili alle vostre».
L’esclusione dei fedeli divorziati e risposati dalla Comunione eucaristica è un problema ‘particolarmente doloroso’, occorre però capire e far capire che essi ‘non sono esclusi dal grande mistero dell'Eucaristia, dall'amore della Chiesa e dall'amore di Cristo’.
Così aveva già affermato Benedetto XVI, nel luglio del 2005, ribadendo e approfondendo quel principio generale di accoglienza delle famiglie in situazione irregolare, già affermato quindici anni fa nel ‘Direttorio di pastorale familiare’ della Chiesa italiana.
La Lettera del Cardinale Tettamanzi, pur non contenendo novità magisteriali, rappresenta uno stimolo per colmare un ritardo nell’applicazione pastorale.
Noi lo stiamo dicendo da tempo ed invero troviamo molte difficoltà, a partire proprio dalla incapacità di inventarci un sistema pastorale.
Mons. Sergio Nicolli, direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della famiglia della CEI:ì in una recente intervista ed a proposito della Lettera dell’Arcivescovo di Milano ha detto:
“E’ una lettera che risponde in modo splendido all’attesa di molti separati, divorziati e divorziati risposati, che si sentono in qualche modo lontani dalla Chiesa o addirittura allontanati dalla Chiesa. La lettera del cardinale Tettamanzi è una lettera che si pone in un atteggiamento accogliente nella verità, ma insieme nella carità.”

La Lettera sarà pubblicata in un libro che uscirà nei prossimi giorni dal titolo "Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito", edizioni Centro Ambrosiano, 24 pagine, 3 euro.

La nostra Associazione sarà pronta nei prossimi giorni a collaborare con l’Ufficio Diocesano per la Pastorale Familiare per approntare un progetto di pastorale per gli sposi in difficoltà, per il che si chiede la collaborazione anche di quanti sposati, separati, divorziati, risposati, vorranno fare con noi un cammino di fede e di speranza, con la carità che ogni condizione umana richiede.
r.p.




     
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