Search
Le ultime...
Consulenze
Pastorale Familiare
Consulente Familiare
Consulente Morale
Consulente Pedagogo
Consulente Metodi Naturali
Consulente Psicologico
Consulente Legale
Consulente Psichiatrico
Neuropsichiatria Infantile
Mediazione Familiare
 
Bisogno di aiuto?
Contattaci
Help center
 
 
19/12/2008
Categoria: Consulente Pedagogo
     
CASO DI BULLISMO DISCUSSO IN CONSULTORIO

 
Bullismo a scuola


Giacomo, 15 anni, frequenta il secondo anno di scuola superiore. I genitori, Ubaldo 64 anni avvocato e Silvana 57 anni casalinga, lo hanno sempre ritenuto giudizioso e studioso, senza grilli per la testa, sempre calmo e obbediente, “senza mai crearci problemi”. Ma nel corso dell’ultimo anno Giacomo è molto cambiato.
SITUAZIONE
Sempre molto riservato, non ha mai avuto molti amici. Solo alcuni compagni di scuola con i quali esce di rado. Con il tempo la madre ha cominciato a notare in lui un atteggiamento più sfuggente. Il rendimento a scuola è calato gradualmente. A volte lei non ha trovato soldi messi da parte in casa, piccole somme.
Nello stesso periodo Giacomo ha cominciato a mangiare molto di meno. Negli ultimi mesi ha anche iniziato a marinare la scuola, cosa inammissibile per lei e il marito, già delusi dai risultati scadenti.
E, peggio ancora, quando i genitori hanno cercato di spingerlo a mangiare e andare a ad scuola, Giacomo ha avuto reazioni violente. Non contro di loro ma mettendo a soqquadro la sua cameretta, provocando vari danni e ferendosi lui stesso.
Questa improvvisa (e inspiegabile per i genitori) esplosione di rabbia e violenza ha infastidito il padre ma ha spaventato la madre, spingendola a chiedere aiuto per il figlio.
ATTEGGIAMENTO DI PERCORSO
E’ evidente in Giacomo un profondo malessere cresciuto nel tempo fino all’improvvisa eruzione, proprio come un vulcano quiescente. Nell’approfondire l’esplorazione della situazione, grazie alla collaborazione di qualche insegnante, emerge che già durante l’anno scolastico precedente, Giacomo era stato preso di mira da qualche compagno.
Qualche parola offensiva, espressioni di derisione e qualche merendina sparita, non di più. E Giacomo non aveva mai reagito, pur rimanendo sempre più amareggiato, senza peraltro confidarsi con nessuno per le vergogna che provava.
La situazione è andata gradualmente degenerando nel corso dell’anno corrente, con l’arrivo a scuola di Enrico, che nonostante abbia solo 14 anni, ha cominciato presto a catalizzare l’attenzione anche dei compagni più grandi con il suo atteggiamento spavaldo e arrogante, coinvolgendoli nelle sue bravate.
In breve si è formato un branco la cui vittima preferita è diventato proprio Giacomo. Dapprima parole offensive e di derisione, sempre più pesanti. Poi libri e quaderni spariti e restituiti in cambio di soldi. Quindi il “permesso” di entrare a scuola solo dietro pagamento di somme in riferimento ad una tariffa che da mensile, è poi diventata settimanale.
E poi “cerimonie in cui Giacomo era sottoposto a prove di coraggio e virilità” che per lui sono diventate tanto più umilianti man mano che anche alcune compagne hanno cominciato ad essere invitate ad assistere o anche a gestire quei momenti.
All’apice di questa spirale una “cerimonia” di ispirazione militare. Avanzando un passo alla volta tra due file parallele di compagni, Giacomo doveva ripetere, rivolgendole a se stesso mentre si prostrava in ginocchio o carponi, espressioni suggerite dai compagni che di volta in volta si trovavano al suo fianco.
Erano espressioni di scherno e di disprezzo, pesantemente giudicanti e squalificanti della persona, che si facevano sempre più volgari.
Le compagne che assistevano avevano il compito di decidere se Giacomo era convincente nel ripetere ciò che gli veniva suggerito e di “interrogarlo” sul significato delle espressioni usate. In caso negativo (la quasi totalità delle volte) erano autorizzate, a suon di schiaffi pugni e calci (dati in modo da non lasciare segni visibili sul suo corpo), a “istruirlo” su come essere più convincente e a spiegargli il senso di espressioni di una volgarità per lui inimmaginabile.
Tutto questo è anche stato filmato da Enrico in persona che poi ha chiesto a Giacomo una somma di danaro, per lui impossibile da reperire, per evitare di finire su You Tube.

RILIEVI
Tralasciando le implicazioni pratiche della vicenda, conviene qui approfondire la figura di Giacomo, in riferimento al suo ambiente familiare. Figlio unico di genitori sposatisi in età matura.
La madre, quando aveva 9 anni, perse il padre (cosa di cui conserva un ricordo devastante attraverso il vissuto della madre). Figlia unica e fortemente desiderata, nata dopo una diecina d’anni di matrimonio, dal momento della morte del padre si ritrovò ancora più ingabbiata nell’abbraccio soffocante di una madre iperprotettiva.
Con il passare degli anni, l’atteggiamento di quest’ultima si andò facendo sempre più esigente verso la figlia facendole intorno terra bruciata in termini di relazioni affettive.
Quando anche la madre morì, Silvana sentì finalmente di poter cominciare a vivere (con relativi sensi di colpa che porta ancora dentro) pur se molto smarrita sul piano affettivo ed esistenziale (era alla soglia dei quarant’anni senza un lavora né amici). Finì con lo sposare il primo uomo che mostrò interesse per lei: Ubaldo, quello che la madre avrebbe considerato “un buon partito”.
E un anno dopo il matrimonio nacque Giacomo, evento destabilizzante per lei che non aveva mai pensato alla maternità. Silvana dunque, impreparata per questo ruolo, l’ha vissuto con un senso di inadeguatezza e un crescente stato di apprensione e paura che ha trasmesso al figlio. Il padre si è sempre disinteressato dell’educazione del ragazzo e della gestione della casa, dedicandosi interamente al suo lavoro.
Del resto da parte sua il matrimonio sembra aver avuto la funzione della classica “sistemazione”, così come per Silvana di compenso al vuoto affettivo ed esistenziale in cui si era venuta a trovare. I coniugi non sono mai riusciti a sviluppare un’ identità di coppia o un progetto di vita condiviso, né una comunicazione diretta.
Continuano a triangolarsi attraverso Giacomo: Silvana riversandogli tutto il suo carico di ansia e insicurezza, Ubaldo la noia e l’indifferenza nel rifiuto di coinvolgersi, assieme al fastidio di essere distolto dalle sue occupazioni personali.
In particolare la madre assume nei confronti del figlio due posizioni contemporaneamente: quella di vittima rispetto al marito che è ipercritico, al vertice della piramide familiare, e di salvatrice verso Giacomo; perpetua un copione che la porta a subire decisioni esterne e circostanze senza decidere, tant’è che è la prima a “chiedere aiuto” con un messaggio implicito di impotenza.
Il padre, fermo nella sua posizione ipercritica, manda al figlio messaggi inibenti la propria autonomia che gli fanno sperimentare la posizione del capro espiatorio. In questo modo entrambi lo fanno sentire continuamente disconfermato come persona.
Di conseguenza Giacomo ha sviluppato una percezione negativa del Sé adattandosi appunto al ruolo di vittima designata, così assicurando un equilibrio al suo sistema familiare.
Questo ruolo è diventato il suo modello relazionale che gli dà il senso della propria identità, e quindi è pronto ad assumerlo in qualunque altra situazione relazionale al di fuori della famiglia per potersi sentire riconosciuto.
E’ diventato cioè un copione di vita, un modo di organizzare la propria vita sulla base di una posizione presa a seguito delle ingiunzioni familiari e a cui necessitano le conferme sociali.
Il colloquio con Enrico e i suoi genitori, convocati dalla dirigenza scolastica, ha chiarito qualcosa anche della condizione di questo ragazzo.
Anche lui figlio unico con un padre difficile, violento non solo a parole, e con una madre annullata dalla completa sottomissione al marito. Il padre, consumato da un senso di colpa per aver trascurato Enrico durante la sua infanzia, sembra ossessionato dal bisogno di compensare la sua colpa, finendo con l’opprimerlo e impedirgli il processo di differenziazione e svincolo.
Il processo di individuazione e differenziazione dalla famiglia di origine permette di crearsi gradualmente un proprio spazio personale, diventare sempre più autonomo dal punto di vista emotivo e cognitivo, di sperimentare nuove modalità relazionali, con equilibrio tra senso di appartenenza e separazione, e mantenimento del senso della propria continuità personale.
Ne segue lo svincolo, un compito di sviluppo fondamentale che permette di emanciparsi dai genitori, relativizzandone l’immagine, con la capacità di fare scelte autonomamente tenendo conto sia delle loro opinioni, sia delle proprie, e quindi di assumersi responsabilità.
Il padre di Enrico all’interno della famiglia è giudicante e squalificante verso il figlio nei suoi maldestri tentativi di guidarlo, all’esterno ne celebra esageratamente le doti.
Questo miscuglio di squalifica ed esaltazione, aggiunto all’assenza della figura paterna nei suoi primi anni di vita, ha indotto in Enrico uno stato di confusione e inadeguatezza insieme a un prepotente desiderio di rivalsa, che si esprimono nel suo violento atteggiamento spavaldo e arrogante con i suoi pari e verso l’autorità.
La proposta di intervento riguarda, partendo naturalmente dalla domanda esplicita, un lavoro individuale per Giacomo, per aiutarlo a sviluppare l’autostima e quindi un concetto positivo del Sé, e dunque un percorso per sviluppare la sua identità.
Contemporaneamente però, magari prendendo spunto da questo per coinvolgere i genitori, sarebbe anche opportuno per loro un percorso di coppia, perché imparino a passare a una comunicazione più funzionale, con ulteriore ricaduta positiva sul lavoro individuale di Giacomo.
Inoltre, l’auspicato cambiamento del ragazzo nella considerazione di sé e quindi del suo ruolo che comporterebbe verosimilmente dei mutamenti negli equilibri familiari, aiuterebbe anche i suoi stessi genitori ad affrontare la necessità di stabilire un nuovo equilibrio nella loro relazione di coppia.
Sergio Pepe
Per gentile concessione dal consultorio di Napoli




     
  Altre notizie della categoria 'Consulente Pedagogo'
  Torna all'home page
     
     
   
 
  Come associarsi | Privacy | Links | Help | Mappa del sito | Collabora | Contatti  

Associazione - Consultorio "La Famiglia", Vico San pardo n. 4 e Via R. Petrilli n. 1,
71036 Lucera (Foggia) - Telefono: 0881 540028 - E-mail: assconsultoriolafamiglia@gmail.com
Riconosciuto con Delibera della Giunta Regionale Regione Puglia n. 7361 del 22/09/1986 | Convenzionato con l'Ausl Fg/3