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18/03/2009 |
Categoria:
Consulente Familiare
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"LA SINDROME DI ALIENAZIONE GENITORIALE E I
CASI DI SOSPETTO ABUSO SESSUALE INFANTILE:
UN PROBLEMA DI DIAGNOSI ". di C.F. Arianna La Sorsa
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Abusi sui bambini
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Separazione e divorzi costituiscono eventi sempre più frequenti nella nostra società, e le famiglie sono sottoposte a traumatiche destrutturazioni. Si è affacciato da poco nella letteratura psicologica italiana il parametro concettuale della Sindrome di Alienazione Genitoriale (Parental Alienation Syndrome - PAS), così definita dallo psicologo forense Richard Gardner, della Columbia University di New York, all'inizio degli anni ottanta. Si tratta di una patologia relazionale che si manifesta nelle situazioni di separazioni e divorzi conflittuali. La sua principale manifestazione è la campagna di denigrazione da parte del figlio nei confronti del genitore non affidatario, a seguito dell'indottrinamento dell'altro genitore. Quando la separazione dà luogo ad aspri conflitti, ognuno degli ex co¬niugi, convinto di avere ragione, rischia di coinvolgere i figli disorientandoli e costringendoli ad un'innaturale scelta forzata. I genitori trattano i figli come propri confidenti e attuano comportamenti che hanno lo scopo di separarli dall'altro genitore e di cementarli a sé.
In questo lavoro si intrecciano categorie psicologiche e giuridiche, riguarda quei casi in cui la separazione coniugale coinvolge i minori in una conflittualità non governata. In tali situazioni i figli possono essere oggetto di contesa e/o di ricatto, divenire armi per ferire l'altro coniuge o per mostrare la propria superiorità come genitore. I figli non assistono passivamente, ma con i loro comportamenti si inseriscono e spesso si schierano nella conflittualità familiare. Questa sindrome ha suscitato un grande interesse in letteratura ma allo stesso tempo sono state mosse diverse critiche. E' stata messa in discussione la possibilità di considerare la PAS come sindrome in quanto non è presente nel DSM-IV non soddisfacendone i criteri di ammissibilità. E' stata evidenziata la difficoltà di compiere una diagnosi differenziale con i casi in cui il minore rifiuta un genitore in quanto realmente vittima di abuso o di maltrattamento. Nella pratica clinica spesso le situazioni di rifiuto di un figlio verso il genitore non affidatario sono lette come frutto dell'inadeguatezza del genitore rifiutato e si ritiene di tutelare l'interesse del minore ascoltando "sic et simpliciter" la sua volontà, senza indagarne i vissuti più profondi. E' evidente che misconoscen¬do l'origine relazionale del rifiuto e, nei casi più gravi, della PAS si collude con la disfunzionalità della famiglia separata, contribuendo ad amplificare la patologia (Gardner, 2003). Tutelare l'interesse del minore, come ribadito nelle Convenzioni Internaziona¬li (ONU, 1989; Strasburgo, 1996), significa garantirgli la continuità relazionale con entrambi i genitori e la possibilità di accedere ad entrambi. Scegliere di coalizzarsi con un genitore e rifiutare l'altro non può essere per il figlio il miglior interesse in quanto spesso implica una scissione a livello relazionale ed emotivo, attraverso l'assunzione di un ruolo adultomorfo a tutela emotiva del genitore con cui il figlio collude. In alcuni casi possono essere portate avanti false denunce di abuso sessuale e/o maltrattamento fisico nei confronti del genitore alienato. Sostenere false accuse di abuso espone il minore a forti sensi di colpa e vissuti analoghi a quelli riscontrabili nei casi in cui l'abuso è realmente avvenuto: soprattutto se il bambino è piccolo, può convincersi che l'evento traumatico sia avvenuto realmente. Gli studi sul fenomeno dell'abuso dell'infanzia e del maltrattamento nei confronti dei minori sono stati caratterizzati, nel corso degli anni, dallo sviluppo di diverse fasi teoretiche. Se, fino a pochi anni fa, l'interesse era focalizzato sull'abuso fisico, molti contributi ne hanno progressivamente arricchito il significato. Dai primi anni ottanta l’attenzione ha iniziato a spostarsi sull'abuso sessuale sia familiare sia extrafamiliare. Solo recentemente la trascuratezza e l'abuso psicologico nei confronti del bambino sono divenuti specifico oggetto di indagine. Le distinzioni categoriali tra casi di abuso fisico, sessuale e psicologico sono, tuttavia, puramente accademiche: ogni tipo di maltrattamento si connota di forme miste, avendo ogni abuso fisico quasi sempre effetti negativi sullo stato psicologico. Per questo motivo il termine "abuso" si configura oggi come qualsiasi comportamento, volontario o involontario, da parte di adulti che danneggi in modo grave lo sviluppo psicofisico e/o psico¬sessuale del bambino. Abuso è tutto ciò che impedisce la crescita armonica del minore, non rispettando i suoi bisogni e non proteggendolo sul piano fisico e psichico. Vi rientrano, quindi, non solo comportamenti legati all'incapacità più o meno accentuata, da parte dei genitori, di fornire cure adeguate a livello materiale ed emotivo al proprio figlio. La PAS viene considerata come una violenza emotiva o abuso psicologico del minore, in quanto la programmazione può indurre nel bambino la rottura permanente del legame con un genitore, oltre che conseguenze psicopatologiche (Gardner, 1998). Il bambino può utilizzare meccanismi difensivi di scissione e negazione da cui possono derivare strutture psicotiche; sperimentare vissuti di perdita e lutto da cui possono derivare strutture depressive, o sensi di abbandono da cui possono derivare stati di angoscia. Come è stato osservato, il bambino con sindrome di alienazione genitoriale ha un comportamento più dipendente dal genitore alienante che inculca la campagna di denigrazione; invece, il bambino realmente abusato non manifesta un legame di dipendenza dal genitore protettivo, anzi ha una relazione più salda con il genitore abusante a causa del segreto che li unisce e che non consente di mentalizzare giudizi, stati d'animo, sensazioni personali. In una situazione di abuso sessuale perpetrato è assente la campagna di denigrazione manifestata, invece, dal bambino con sindrome di alienazione genitoriale. In ambito psicologico -forense il consulente tecnico, nominato per effettuare una valutazione sul minore in casi di presente abuso sessuale perpetrato ad opera del padre, può avvalersi di alcuni criteri utili per discriminare tra una situazione di reale abuso ed una situazione di PAS. Nel corso dei colloqui di valutazione il bambino realmente abusato tende a ricordare facilmente l'evento traumatico e non ha lo stesso grado di dipendenza per il richiamo di eventi manifestato dal bambino con sindrome di alienazione genitoriale. Quest’ultimo, non avendo esperienze reali di riferimento, avrà bisogno di molti più input dal genitore alienante. Nel bambino programmato c'è una mancanza di ambivalenza che lo spinge a credere che il genitore alienato abbia soltanto caratteristiche negative, non pensando che, come ogni persona, può presentare dei difetti, ma anche delle risorse e dei pregi. Il bambino realmente abusato, detentore del segreto, vive uno svuotamento dei rapporti con il genitore protettivo in cui non può essere riversata la comunicazione più importante, e un rafforzamento sempre maggiore del rapporto con l'abusante, in cui questa invece è condivisa. Quindi il segreto contribuisce a preservare e rendere significativa più la relazione vittima-aggressore che quella con l'adulto protettivo. Inoltre il segreto rappresenta per il bambino una barriera che gli impedisce di guardare a se stesso e di comunicare in proposito, mettendo in atto meccanismi di difesa come la scissione e la frammentazione (Malacrea, 1998). Nel bambino con sindrome di alienazione genitoriale, invece, si manifesta il fenomeno del pensatore indipendente, per cui il bambino afferma di aver elaborato da solo la campagna di denigrazione senza l'influenza del genitore programmante. In realtà il bambino non mette in atto da solo la campagna di denigrazione, e ciò è dimostrato dalla presenza degli scenari presi a prestito che, riguardano affermazioni del bambino che non possono ragionevolmente venire da lui direttamente, come ad esempio l'uso di parole o situazioni che non sono normalmente conosciute da un bambino di quell'età nel descrivere le colpe del genitore escluso. Nel bambino abusato, invece, si manifestano conoscenze sessuali inadeguate e insolite rispetto all’età. Nella sindrome di alienazione genitoriale si osserva chiaramente una presa di posizione del bambino sempre e solo a favore del genitore affidatario. Il bambino abusato, invece, non appoggia automaticamente il genitore potenzialmente protettivo, anzi mostra più ostilità nei suoi confronti ritenendolo colpevole di non aver visto e di non averlo difeso. Inoltre il bambino prova sensi di colpa per non essere riuscito ad evitare l’abuso; il bambino programmato, invece, non presenta alcun senso di colpa nei confronti del genitore alienato e continua nella sua campagna di denigrazione. Un’altra importante questione trattata è quella relativa alla suggestionabilità del bambino: c’è il pericolo che chi interroga il minore in ambito forense abbia dei pregiudizi, delle aspettative e delle opinioni sull’accaduto per il quale il bambino è chiamato a testimoniare. Più o meno consapevolmente giudici, avvocati e consulenti possono influenzare le deposizioni del bambino suggerendogli le risposte che da lui si desidera ricevere, inducendo direttamente a raccontare fatti mai accaduti e per lo più frutto della fantasia e della suggestione del bambino. Le conclusioni di tale contributo sottolineano la necessità che i professionisti che operano in questo ambito abbiano una conoscenza approfondita della materia ed effettuino un aggiornamento continuo. Ciò potrà servire ad evitare pericolose generalizzazioni e l’innescarsi di conflitti ulteriori ed errori grossolani rispetto a quelli già normalmente presenti nel ambito delle valutazioni di abuso sessuale del minore il cui interesse deve essere punto di partenza e di arrivo di qualsiasi intervento psicologico e di ogni decisione giudiziaria. (Gullotta, 1998).
Per gentile concessione da “Segnali di Fumo” del Consultorio di Taranto anno 5 N.16 –febgbraio 2009.
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